Azienda Ospedaliera di Perugia

Lo scompenso cardiaco, cosa è e come viene curato

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Il punto con il prof. Giuseppe Ambrosio, Direttore della SC di Cardiologia e Fisiopatologia Cardiovascolare



Cosa è lo scompenso cardiaco?

A che età può manifestarsi e quali sono i trattamenti in uso ad oggi?

Per il nostro approfondimento mensile ‘Salute e Sanità’, abbiamo fatto il punto su questa patologia con il prof. Giuseppe Ambrosio, Direttore della SC di Cardiologia e Fisiopatologia Cardiovascolare del ‘Santa Maria della Misericordia’ e direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell'Apparato Cardiovascolare dell’Università degli Studi di Perugia. 

La Struttura Complessa è, infatti, principalmente dedicata al trattamento dello scompenso cardiaco, una patologia rappresentata da un insieme di sintomi e manifestazioni cliniche causate dall’incapacità del cuore di assolvere alla normale funzione di garantire un apporto di sangue adeguato all’organismo. All’interno del reparto sono inoltre attivi anche il centro ricerche cardiovascolari e un ambulatorio specialistico per lo scompenso.

Ma da cosa è caratterizzata questa complessa patologia?

“È una malattia che, anche se parte dal cuore, ha conseguenze anche sugli altri organi – spiega il prof. Ambrosio - Lo scompenso è quella situazione nella quale l’attività di pompa del cuore non è sempre in grado di fornire il giusto apporto di sangue a tutti gli organi, soprattutto in quelle occasioni in cui ne è richiesta una maggiore quantità come, ad esempio, durante l’esercizio fisico”.

Lo scompenso cardiaco può dipendere da varie cause, come puntualizza il Direttore di Cardiologia e Fisiopatologia Cardiovascolare:

“Non si tratta di una diagnosi di una specifica malattia, quanto di una condizione di mancato compenso rispetto a quelle che sarebbero le effettive necessità. Può dipendere da diverse cause che, per motivi differenti, portano a insufficiente funzione cardiaca: la cardiopatia ischemica, ad esempio, cioè l’aver sofferto di un infarto miocardico, oppure la valvulopatia. Il ventricolo sinistro del cuore ha due valvole che hanno la funzione di far convogliare il flusso di sangue nella giusta direzione, ma se danneggiate per una degenerazione progressiva, o colpite da alterazioni batteriche come l’endocardite, diminuiscono la loro efficienza. Un’altra causa è da ravvisare in alcune patologie, su base genetica e in parte non ancora del tutto conosciute, che provocano una primitiva alterazione delle cellule del cuore. Ci sono poi possibili fattori di rischio come l’ipertensione non trattata, il diabete (presente nel 40% dei pazienti con scompenso) o l’aterosclerosi coronarica che predispongono a quelle condizioni che poi portano allo scompenso cardiaco”.

Lo scompenso è una patologia che può colpire ad ogni età, come specifica il prof. Ambrosio: “A seconda delle cause che lo hanno provocato, avremo anche diverse fasce di età e diverse tipologie di pazienti. A titolo esemplificativo: se lo scompenso dipende da un’alterazione genetica, allora può colpire pazienti giovani, se invece è diretta conseguenza di una cardiopatia ischemica, l’età del paziente sarà intorno ai 60 anni, ed oltre per le cause degenerative. Si tratta di una patologia complessa che potenzialmente può colpire a qualsiasi età e per cause differenti, di conseguenza anche la capacità di diagnosi e d’intervento precoce richiede strumenti differenti a seconda della tipologia di paziente”.

Dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2020, in tutti gli ospedali della regione Umbria ci sono state ben 19.306 dimissioni di pazienti con scompenso cardiaco di cui il 49% da reparti di Medicina, il 37% da reparti di Cardiologia, il 14% da altri reparti.

“Il paziente che abbia avuto un episodio importante di scompenso cardiaco tale da richiedere il ricovero – spiega Ambrosio - una volta migliorato e dimesso continua ad essere portatore della patologia.  È comunque a rischio di futuri episodi di riacutizzazione della patologia che potranno portare a nuovi episodi di ricovero ed è, quindi, una patologia che ha un impatto importante non solo sulla sopravvivenza, ma sulla qualità di vita dei pazienti, e per questi motivi è causa di importanti conseguenze familiari, sociali, ed economiche. Inoltre, a parità di funzione cardiaca, avere alcune comorbidità aumenta la gravità dello scompenso e, di conseguenza, i ricoveri in ospedale”.

I sintomi principali dello scompenso sono la dispnea, cioè la difficoltà a respirare, che all’inizio si presenta durante uno sforzo o un esercizio fisico, ma può comparire anche a riposo nei casi più gravi o durante il sonno notturno in stadi avanzati.

“Un altro sintomo a cui prestare attenzione è l’edema, ovvero l’accumulo di liquidi non solo agli altri inferiori, ma in tutto il corpo. Il riscontro di un aumento del peso corporeo di 2/3 chili nel giro di una settimana non va assolutamente trascurato”.

Quali sono i trattamenti più efficaci ?

“Nell’arco degli ultimi vent’anni c’è stata una progressiva rivoluzione nel trattamento dello scompenso cardiaco grazie ad importanti studi scientifici recepiti dagli organismi regolatori internazionali e, di conseguenza, una serie di trattamenti che hanno migliorato la prognosi di questi pazienti – conclude il prof. Ambrosio - I trattamenti farmacologi sono legati all’ inibizione del sistema renina angiotensina, mentre altri, di ultimissima generazione e originariamente pensati per il trattamento del diabete, hanno effetti benefici importanti sullo scompenso e possono essere usati anche su pazienti non diabetici, con scarsi effetti collaterali. Parallelamente, esistono trattamenti di ‘tipo elettrico’ che consistono nella stimolazione cardiaca con dispositivo elettronico pacemaker che, in questo caso è utilizzato per re-sincronizzare e far funzionare tutte le zone del cuore simultaneamente e per aumentarne l’efficienza. Esiste inoltre il defibrillatore impiantabile per contrastare eventuali episodi di gravi aritmie cardiache, potenzialmente mortali”.

Contenuto inserito il 02-08-2023, aggiornato al 02-08-2023

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