La parola al dottor Saverio Arena, direttore f.f. di Ostetricia e Ginecologia
In occasione di gennaio, mese della prevenzione del tumore al collo dell’utero, abbiamo fatto il punto con il dottor Saverio Arena, Direttore della Struttura Complessa di Ostetricia e Ginecologia dell’Azienda Ospedaliera di Perugia.
Quali sono le principali forme neoplastiche che colpiscono l’utero e quali sono, ad oggi, le terapie più mirate?
“L’importanza dello screening ha permesso, ad oggi, di ridurre notevolmente le forme più aggressive di tumore del collo dell’utero – spiega Arena– Si tratta di una patologia prevalentemente legata all’infezione da HPV (Human Papilloma Virus) che può evolvere fino al carcinoma, ma grazie alla prevenzione non rappresenta più la principale causa di morte da patologia maligna nella donna. Da sottolineare, anche l’importanza del vaccino, oltre che dello screening, quali strumenti preventivi di grande importanza”.
Lo screening gratuito regionale prevede l’invito da parte dell’Usl di appartenenza a sottoporsi a PAP test e Test HPV. Allo screening di secondo livello si accede, invece, nel caso in cui sia stata rilevata una anomalia (lesione preneoplastica o persistenza del virus) al pap test o all’HPV test. L’intervento del secondo livello è fondamentale per completare la diagnosi e trattare quanto più precocemente la patologia. L’obiettivo è quello di evitare l’evoluzione delle lesioni preneoplastiche in un tumore. Il carcinoma del collo dell’utero è una neoplasia che si presta particolarmente allo screening, ha una fase pre-invasiva relativamente lunga che può può essere trattata meno radicalmente e con una scarsa aggressività per la donna.
“Un’altra tipologia neoplastica a carico dell’utero è il carcinoma dell’endometrio – prosegue il ginecologo – si tratta della patologia più frequente, per l’utero, nella nostra regione e colpisce, in media, donne sopra i 50 anni. È una patologia che, se scoperta in tempo, può essere risolta senza particolari problemi, ma se progredisce può diventare infiltrante a livello linfonodale. In questo caso diventa fondamentale una corretta frequenza dei controlli periodici (almeno una volta l’anno) associata alla possibilità di segnalare rapidamente la comparsa di perdite atipiche, soprattutto in menopausa. È importante ricordare che molte volte le perdite da malattia endometriale più che con un sanguinamento si presentano con perdite acquose e di scarsa entità”.
Come viene gestita una patologia potenzialmente così invasiva? “La sola opzione chirurgica nel trattamento del cancro dell’endometrio è raccomandata solo se il carcinoma è limitato alla porzione più interna dell’utero – puntualizza il professionista – se, invece, il tumore ha invaso oltre la metà del muscolo uterino, oltre all’intervento chirurgico è necessaria la radioterapia. Più complesso se il carcinoma ha invaso i linfonodi: in quel caso, alla chirurgia e alla radioterapia, va aggiunta anche la chemioterapia. La tempestività riveste un ruolo chiave nelle neoplasie”.
Anche i sarcomi rappresentano un’altra forma di neoplasia dell’utero, come ci spiega il dottor Arena: “In questo caso si tratta di tumori che colpiscono la struttura muscolare dell’utero. In forma iniziale, la comparsa di questa massa può sembrare un fibroma, per poi ingrandirsi in maniera rapida. Sviluppando masse anche molto grandi, i sarcomi spesso vengono trattati chirurgicamente per via laparotomica (open)”.
Presso la Struttura Complessa di Ostetricia e Ginecologia viene utilizzata la tecnica del linfonodo sentinella (procedura impiegata da molto tempo per scoprire la diffusione del cancro della mammella) il quale, attraverso un meccanismo di identificazione aspecifico, è in grado di identificare la prima stazione linfonodale dove potrebbero arrivare le cellule tumorali. “È come mettere delle barche in un fiume e andare a vedere se sono già arrivate in un porto – spiega il dottor Arena – questa procedura non identifica il linfonodo positivo, ma va a cercare quello che sarà il primo positivo, indicandomi quindi lo stadio della malattia nella paziente. Questo esame, poco invasivo, viene utilizzato ad oggi per il tumore dell’endometrio e del carcinoma della cervice uterina, e permette di indirizzare la paziente verso una terapia più adeguata”.
Anche la chirurgia in robotica gioca un ruolo sempre più attivo contro i tumori femminili: “Utilizzata nella nostra Struttura dal 2015, viene eseguita per le patologie del pavimento pelvico, per le forme di endometriosi più severa o nei casi di masse uterine di grosse dimensioni, grave obesità, ma soprattutto per il trattamento oncologico dell’endometrio, del collo dell’utero e dell’ovaio in basso grado. “L’obiettivo finale dell’utilizzo del robot Da Vinci – conclude Arena - è infatti quello di diminuire l’aggressività dell’intervento tradizionale con conseguente riduzione dei tempi di degenza della paziente. La chirurgia robotica permette, inoltre, movimenti altrimenti impossibili da poter eseguire anche in laparoscopia e una qualità di visione molto più profonda e tridimensionale”.
Nell'anno 2022 la Struttura Complessa di Ostetricia e Ginecologia ha effettuato 837 interventi chirurgici (608 in regime ordinario e 239 in Day Surgery) e 63 interventi in robotica.